La salsa di soia è un pilastro della cucina asiatica,
celebre per la sua versatilità e il suo sapore unico. Ma cosa rende questa
salsa così speciale? Scopriamo insieme le sue origini, il processo di
produzione e le differenze tra due delle sue varianti più famose: la salsa di
soia shoyu e quella tamari.
Origini e Storia
Si ritiene che la salsa di soia abbia le sue radici nel
lontano passato, più di due millenni fa, quando in Cina è stata introdotta una
preparazione liquida chiamata jiang. Questa salsa si otteneva
attraverso il processo di salatura di varie verdure, cereali o altri alimenti
per preservarli per periodi più lunghi. Tuttavia, le origini precise e il
momento in cui questa salsa, caratterizzata dal suo sapore salato e aromatico,
è stata introdotta e prodotta in Giappone, non sono del tutto chiari. È noto,
tuttavia, che la salsa di soia abbia iniziato a guadagnare popolarità in
Giappone nel corso della seconda metà del tredicesimo secolo, particolarmente nella
regione di Yuasa. Da allora, è
diventata un elemento essenziale della cucina giapponese, spesso utilizzata per
condire sushi, zuppe e piatti saltati in padella.
Produzione
La produzione della salsa di soia è un processo
artigianale che richiede pazienza e maestria. I fagioli di soia,
precedentemente cotti al vapore, vengono schiacciati insieme al grano tostato e
miscelati con il koji-kin, un fungo (Aspergillus oryzae) utilizzato per avviare
il processo di fermentazione. Questa miscela viene lasciata fermentare
per tre o quattro giorni in una stanza chiusa, mantenuta a una temperatura
costante, dove i cereali germogliano e viene favorita la fermentazione.
Successivamente, il composto viene trasferito in grandi barili di legno di
cedro insieme ad acqua e sale, dove rimane per un periodo che varia da
diciotto mesi a tre anni e mezzo, durante il quale acquisisce il suo
distintivo sapore.
Durante questo periodo, il composto non riposa
completamente, ma deve essere regolarmente mescolato con lunghi mestoli di
legno. Una volta trascorso il tempo necessario, viene steso su teli di
tessuto e pressato per estrarre il liquido. L’ultimo passaggio coinvolge il
lento riscaldamento della salsa in un grande calderone di metallo per circa
mezza giornata, al fine di interrompere il processo di fermentazione. A quel
punto, la salsa è pronta.
Shoyu vs. Tamari
Sebbene spesso vengano usati in modo intercambiabile, la
salsa di soia shoyu e quella tamari hanno differenze significative.
La salsa di soia shoyu è la variante più comune e
popolare. È fatta con una miscela di fagioli di soia, grano, acqua e sale. Ha
un sapore equilibrato, leggermente dolce e salato, ed è ampiamente
utilizzata nella cucina giapponese per marinare, condire e cucinare diversi
piatti.
La salsa di soia tamari, d’altra parte, è una salsa
di soia più densa e concentrata. È nota per il suo sapore più intenso e
salato, ed è particolarmente adatta per coloro che seguono diete senza
glutine, poiché nella preparazione non è previsto il grano. Il tamari, è
spesso usato come condimento o salsa per immergere e può aggiungere
profondità di sapore a piatti come zuppe e secondi piatti.
In conclusione, la salsa di soia è molto più di un semplice
condimento: è un simbolo di connessione tra culture e tradizioni culinarie
millenarie. Che tu preferisca la ricchezza equilibrata della shoyu o
l’intensità concentrata del tamari, entrambe offrono un’esperienza gustativa
unica e possono arricchire i tuoi piatti con sapori straordinari.